Le Fonti Contro Tutti #PPS​​ – Intervista a Ritanna Armeni

Penultima ospite su Le fonti contro tutti #PPS, la scrittrice e giornalista Ritanna Armeni, che parlato con noi del suo ultimo libro nonché ritratto dei suoi momenti di gioventù più belli nel 68, periodo di rivoluzione sociale e politica in Italia.

Il tuo ultimo libro, che è un romanzo, non è un saggio di politica,” per strada è la felicità” che è la storia di una ragazza che dalla provincia arriva a Roma, nel 68, con tutti gli annessi e connessi, non so quanto rifletta il percorso tuo personale, di quando sei partita da Brindisi e sei arrivata nella capitale.

Beh è inutile negarlo, in questo romanzo ci sono molti elementi autobiografici, non è un’autobiografia ovviamente, ma i riferimenti ci sono e tra questi, hai individuati bene, io sono una brava ragazza che viene dalla provincia e arriva a Roma nel 68, in anni che sono generosi e fortunati per i giovani, perché incontrano un movimento, quello degli studenti che vuole cambiare il mondo. Questo è l’inizio del romanzo, che vuole parlare di anni particolari, che sono stati o dimenticati, o travisati o traditi, dimenticati perché sono passati 50 anni e non sono ancora entrati nella storia, io mi ricordo che a 20-25 dal fascismo questi fatti erano già entrati nella storia, dal 68 sono passati 50 anni ma ancora non è arrivato nella storia e se arriva, arriva in modo travisato, equivale al terrorismo, alle lotte degli studenti e alle vicende che hanno dilaniato l’Italia alla fine degli anni 80/90, quindi sono stati travisati e un po’ traditi. Io ho voluto un pochino raccontarli per come poteva viverli una ragazza, e in parte io li ho vissuti, per quello che sono davvero stati per me e per molti, anni di cambiamento in cui volevamo cambiare tutto, naturalmente anche anni di delusioni.

Intanto noto un parallelismo, perché l’altro giorno abbiamo avuto ospite Pier Luigi Celli, ex direttore generale della Rai, che ha scritto un romanzo che ha riferimenti alla propria biografia con riferimento ad un gruppo di amici che si ritrova oggi, tra cui Celli, che rievocano un mitico viaggio in autostop a Parigi nel 68, mi chiedo quindi se sia un comune sentir della vostra generazione?

La nostra generazione ormai è vecchia quindi ha la possibilità di avere un rapporto con il passato più esteso, io questo romanzo l’ho scritto durante la prima pandemia e ti assicuro che per me poter stare tranquilla in casa ha significato anche riportare alla luce ricordi, io mi sono ricordata cose che non ricordavo più, che mi ero dimenticata, oppure ho inventato delle cose che poi erano vere. Succedono delle cose stranissime quando si va indietro con i ricordi, la memoria è una cosa molto strana, io ero convinta di aver inventato alcuni episodi, di aver usato la fantasia in questo romanzo, poi invece mi hanno detto “ma ti ricordi quella cosa li?” e in effetti era successa, poi succede anche l’opposto, la memoria è selettiva, poi soprattutto uno non ricorda delle cose che vengono fuori autonomamente. Mi sono accorta che non volevo scrivere un’autobiografia, perché ho notato che quando si parte con quell’intenzione, ci si censura. Si parte a dire questa è la mia vita, questo mi vergogno e non lo metto, questo può offendere qualcuno, se invece uno lascia andare la fantasia, l’autobiografia sorge, ma in modo molto spontaneo e quindi non censurata.

Condivido, uno quando deve parlare di sé si controlla oppure abbellisce alcuni passaggi quando invece attraverso l’intermediazione della fiction allora si può anche dire delle verità che uno vuole negare a se stesso. Io ricordo una tua vecchia intervista, quando hai spiegato che hai lasciato Brindisi alla fine del liceo, avevi scoperto, di essere innamorata del tuo professore di filosofia, o viceversa, non ricordo bene, tutto no dichiarato se non al momento della partenza per la capitale, o sbaglio?

No hai ragione, io me l’ero dimenticata questa intervista ma vedi che la memoria è comune. È così. Un amore di gioventù, mi ricordo che non pensai nemmeno per un attimo, di non andare a Roma a fare l’università, che sarebbe stato anche logico, amavo un uomo, lui mi amava, ci potevamo sposare, le famiglie lo sapevano, invece no, ho deciso che volevo andare a Roma, perché sentivo che li avrei avuto un margine di libertà maggiore da tutti.

Io ho detto che tu arrivi a Roma, ma poi diventi una simpatizzante di gruppi extra parlamentari, diventi una giornalista professionista, scrivi “per noi donne”, partecipi all’inizio del manifesto, che ancora è un giornale che vive…guardandoti alle spalle, di quel periodo cosa ti rimane di più?

Tutto, io sono una tra le poche persone che ha un rapporto molto pacificato con il proprio passato e ho pensato stamattina che non è facile trovare persone che hanno questo tipo di rapporto con il passato, spesso lo definiscono amacord, per me conta tantissimo invece, mi sento sempre uguale nonostante sia cambiata e penso che sia importante avere un bel rapporto con il passato, che non si possa avere un vero, felice con il presente, se non si ha anche un rapporto pacifico con il passato. Questo libro me l’ha confermato, perché l’ho scritto con leggerezza e contentezza, non è stato un parto doloroso, ma felice.

Spesso si dice che coloro che nel 68 erano contestatori, sono diventati a loro degli establishment culturali, giornalistici, credi che sia un’evoluzione inevitabili?

Io eviterei le semplificazioni, intanto perché a fare quel movimento sono state centinaio di migliaia di persone, poi alcune è vero, me compresa, sono diventata una giornalista affermata, c’è stato questo processo. Quello che mi incuriosisce è capire cos’è successo nell’intimo di queste persone che hanno cambiato idea, si sono adeguate oppure semplicemente hanno avuto un corso di vita. Io credo per esempio che molte delle idee che avevo nel 68, come quella di giustizia sociale, io ce l’ho ancora, molti ce l’hanno ancora come me, ma pensano di seguirla in modo diversi e altri hanno cambiato idea. Non mi sento di condannare o fare del moralismo su gli uni o sugli altri, tutti siamo liberi di cambiare idea soprattutto a 18 anni, per quanto mi riguarda quelle idee sono state fondative, come lo è stato il manifesto per introdurmi ad un giornalismo critico perché il giornalismo che facevo doveva essere alternativo a quello degli altri giornali, che poi mi è rimasto dentro e credo di aver fatto anche otto e mezzo con un atteggiamento critico.

Condivido quando parli del manifesto come quel giornalismo corsaro, opposto o diverso dal giornalismo dei grandi giornali della borghesia, pensiamo al Corriere della Sera, pensiamo che nel frattempo è cambiato il mondo ed è cambiato anche quello dei giornali, qualcuno si interroga anche sull’esistenza stessa della sinistra in Italia, visto che il partito democratico che nello schieramento di centro-sinistra è la forza più pesante, è guidato da un signore che è Enrico Letta, con radici democristiane, la sinistra è rilegata al gruppo di Liberi Uguali, con articolo 1 dove dentro ci sono Dalema e Bersani, insomma sembra che la sinistra sia evaporata in questo paese.

La sinistra non c’è più, ma non perché ci sia Letta, che è una bravissima persona che esprime idee più di sinistra di altri che hanno un pedigree più nobile, non è una questione di Letta o Franceschini, è il fatto che la sinistra ha rinunciato ad una sua idea, che può sempre cambiare, di cambiare il mondo e di dare indicazioni in questo senso. Quindi io, che mi ritengo di sinistra, non mi riconosco più in quelle immagini, fantasmi di sinistra che di tanto in tanto appaiono, credo che adesso dobbiamo prenderne atto. Sai cosa mi ha molto impressionato e parlo di una mia reazione? Quando Letta ha proposto una tassa patrimoniale per fornire una dote ai giovani, io che sono una di quelle persone che pensa che le tasse vadano pagate, che il problema è che le tasse alcuni non le pagano e quindi questa cosa, tassa, oddio cosa sarà, ho avuto una reazione di fastidio. Ma perché? Perché mi è sembrata una cosa poco credibile, una bandierina per rispondere ad un’altra bandierina che Salvini metteva dall’altra parte e mi sono quasi offesa che alcune serie potessero essere lanciate così tanto per e alla fine non ci credi fino in fondo. Dopo di che devo dire che viviamo in una società così provinciale e così bigotta che persino questo sassolino lanciato, ha suscitato uno scandalo talmente enorme che mi sono detta, malgrado tutto si è riusciti a proporre una questione di sinistra ovvero che ne facciamo dei giovani di questo paese.

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