Rincaro bollette luce e gas, è crisi energetica? Il punto con Gianclaudio Torlizzi

Approfondimento insieme a Gianluca Torlizzi, T-commodities, sulle materie prime e la crisi energetica che tanto spaventa non solo il nostro Paese, ma tutta l’Europa. Le bollette continuano a crescere e a questo punto come può intervenire il governo per tutelare cittadini e imprese?

Gianclaudio Torlizzi, T-commodities, bentrovato su Le fonti. Ci troviamo in una situazione molto interessante, vorrei iniziare dall’impatto del rialzo delle materie prima di cui tu stavi parlando già da moltissimo tempo per esempio sui tuoi social che io seguo con tanto piacere, dunque volevo capire quanto importante è l’impatto sulla catena di distribuzione del rialzo dei prezzi delle materie prime, perché ieri il secondo titolo del Wall Street Journal era proprio legato alle difficoltà dei trasporti che sono a loro volta causate dall’aumento dei prezzi, quindi un’inflazione che continua a crescere sull’intera catena di distribuzione.

Si il problema di fondo è che le pressioni inflazionistiche sono diffuse lunga tutta la filiera, quindi iniziamo a monte dai costi produttivi delle materie prime, nel caso dei metalli il petrolio, ma anche l’aumento dei minerali, proseguiamo con il mercato degli oli marittimi che è letteralmente esploso negli ultimi sei mesi per poi arrivare con il mercato a valle che ha anche le pressioni inflazionistiche legate alla carenza di lavoratori che stanno iniziando a creare dei problemi negli Stati Uniti, in particolare nella fascia di lavoratori che sono a contatto con il pubblico e che sono giustamente spaventati dal Covid che continua ad essere tra noi. Quindi loro non accettano più le paghe solite con il rischio di essere contagiati, ma chiedono un aumento salariale. Tanto è vero che la media di crescita percentuale degli ultimi tre mesi dei salari nel comparto del leisure e del food negli Stati Uniti, è l’unico comparto che ha registrato un aumento del 6,5% superando anche il tasso inflazionistico. Quindi c’è una crescita graduale delle pressioni inflazionistiche non viene ancora registrata dal mercato nella sua interezza per un semplice motivo: le banche centrali di fatto manipolano il mercato obbligazionario, la FED continua ad acquistare 180 miliardi tra titoli di stato, quindi c’è una mano importante che ovviamente cercano di contenere il rialzo dei tassi, perché nessun paese oggi può permettersi un inasprimento dei tassi, perché la mole di debito pubblico accumulato nell’ultimo anno come risultato delle politiche fiscali del lockdown, fa si che oggi il debito sia molto difficile da gestire e necessita tassi bassi. Il peccato di fondo è che in realtà la pandemia è stata utilizzata dalle leadership per spingere fuori l’economia mondiale dalla deflazione, il problema è che i soldi messi in gioco sono eccessivi rispetto al reale bisogno dell’economia mondiale, quindi si è creato un colle di bottiglia enorme, lungo tutta una serie di forniture che sta portando ad un’impennata nei prezzi e un’enorme nella filiera produttiva nel soddisfare i consumi. E questo è un problema importante che sta causando anche un errore nella lettura dei mercati e dell’economia, perché noi oggi ci troviamo in una situazione in cui il mercato a valle sta iniziando a rallentare per i forti rialzi dei prezzi e anche per la carenza delle materie prime, però il backlock, cioè il registrato di ordini arretrati nella filiera è talmente alto che questo rallentamento dei consumi non lo si vede nell’andamento dei prezzi delle materie prime che rimangono vicino ai massimi in alcuni storici, in altri degli ultimi 10 anni, quindi questo aspetto paradossale che viviamo è figlio di un’ondata di stimoli fiscali e monetari, di oltre 32 mila miliardi di dollari che al livello mondiale sono stati implementati dall’inzio della pandemia ad oggi e che si stanno rilevando eccessivi rispetto all’offerta e da considerare e qui chiudo il ragionamento, che l’offerta non è prevista in miglioramento nemmeno nei prossimi mesi. È ingenuo chi pensa che di fronte a questi prezzi si possa assistere ad un aumento dell’offerta, per due motivi: il primo è che gli azionisti dei grandi gruppi petroliferi stanno chiedendo al management di mantenersi disciplinati sul fronte dei nuovi investimenti, perché disciplinati? Perché intendono rientrare dei massimi torni che hanno avuto nel periodo 2010-2018, quindi non basta l’impennata dei prezzi per indurre i grandi azionisti delle società in nuovi investimenti di capacità produttiva, quindi c’è una richiesta di disciplina di capitale che frena le imprese nell’investire in capacità produttiva. C’è poi un secondo elemento, non di secondo piano, che attiene alle politiche sul clima che stanno ricoprendo un ruolo importante nel frenare le imprese nel costruire nuova capacità produttiva.

Assolutamente si, intanto volevo approfondire il concetto dei colli di bottiglia, che sicuramente avrebbero dovuto essere un fattore di breve termine, ora stanno continuando da diverso tempo, ma secondo i banchieri centrali, in particolare Lagarde ha sottolineato di aspettarsi dei colli di bottiglia molto più importanti rispetto quelli che abbiamo visto, ma nel frattempo continuano ad essere presenti, quindi qual è il tuo parere sul timing di questa problematica?

Il problema che a me spaventa molto è che la maggior parte dei policy maker sono totalmente ignoranti sul funzionamento dell’industria e su come funzionano le catene di valore, bastava avere un minimo di polso della condizione in cui viveva l’industria, per rendersi conto già sei mesi fa che questo non poteva essere un fenomeno di breve durata, adesso sembra che le banche centrali stiano arrivando a questa conclusione, il punto è molto semplice: finché noi abbiamo un problema emergenziale legato alla pandemia non ci sarà nessun motivo per attendersi un allentamento delle misure che incidono sulle catene di valore, questo è il punto chiave, perché finché c’è la pandemia e finché i paesi asiatici adottano una strategia Covid zero, ossia che bastano 2 o 3 contagi per provocare il blocco delle attività nelle aree attive, come porti, quartieri o aeroporti, questo è quello che sta accadendo, quindi lo abbiamo visto ad agosto quando la Cina ha bloccato i porti del Guandong, bastano pochi contagi per bloccare intere aree. Anche perché finché c’è la pandemia, le banche centrali lasceranno espansivo il loro bilancio monetario, questa è un’altra grande favola, quando leggo sui giornali l’allarme sulla BCE e che è pronta a ritirare gli aiuti, ma finché c’è la pandemia non ci sarà mai una restrizione di liquidità, questo è bene secondo me tenerlo a mente e quindi le materie prime manterranno una base di domanda, che ne terrà sostenuti i prezzi, quindi non abbiamo nessuna ragione per attenderci un allentamento della supply chain, l’unica ragione che potrebbe da qui alla fine provocare un allentamento sarebbe una recessione causata dallo shock energetico, allora in quel caso hai un blocco totale dei consumi, ma non voglio augurarlo perché ne nascerebbe una crisi piuttosto pesante e non è escluso che avvenga questo inverno mano a mano che i consumi tenderanno a salire come stagionalmente avviene.

Stavo leggendo il tuo ultimo tweet per quanto concerne il prezzo del petrolio, tu sei convinto che il prezzo del petrolio possa raggiungere i 100 dollari al barile sempre nel breve medio termine quindi spiegaci questa tua logica di cui tu sei convinto.

Io ho iniziato a scommettere sul petrolio a 100 dollari esattamente all’inizio di maggio quando il tribunale ha dell’AIA ha ingiunto alla Royal Dutch Shell di anticipare il piano di riduzione dell’emissione di carbonio, questo è stato l’elemento che mi ha indotto a cambiare le mie previsioni sul mercato del petrolio, però oggettivamente è lecito attendersi ora una serie di cause legali contro altri gruppi petroliferi per indurli a ridurre emissioni di CO2 e quindi ridurre il loro investimento in nuova capacità produttiva, quindi questo è l’aspetto importante, avremo una tensione che sarà sempre più strutturale a fronte di una situazione di consumi che rimarrà tendenzialmente forte, quindi credo ci siano le condizioni perché il petrolio possa fare un rally così importante, soprattutto nel momento in cui si dovesse un minimo allontanare il pericolo della pandemia, finché c’è il rischio di una pandemia che però non possa sfociare in un vero e proprio panico, le banche centrali rimarranno fermi sulla politica monetaria, i viaggi arei riprenderanno, ma soprattutto la capacità del PIL americano di mantenersi su livelli elevati rimane alto, non dimentichiamoci che il prossimo anno ci sono le elezioni negli Stati Uniti e ovviamente l’amministrazione democratica che vuole vincerle farà di tutto per far approvare un nuovo piano di stimoli fiscali da 3,5 mila miliardi di dollari, quindi non capisco cosa possa rappresentare un elemento ribassista per i prezzi, se non un’accelerazione fortissima e allora a quel punto a 100 ci si arriva comunque.

L’ultima domanda te la faccio per quanto riguarda il rincaro delle bollette, che non riguarda solo l’Italia, ma tutta l’Europa, volevo capire siccome sei stato molto chiaro, chi è colpevole di tutto quello che sta succedendo e soprattutto c’è stata ieri una riunione tra Draghi, Franco e Cingolani per capire come intervenire e aiutare gli italiani perché si tratta di un aumento del 40% per l’elettricità e del 30% per il gas, nel brevissimo termine, come si risolve questo problema? E secondo te siamo di fronte ad una crisi energetica?

Che ci sia il rischio di un energy crunch non è un mistero, non c’è un colpevole in assoluto, innanzitutto c’è un boom dei consumi, c’è un calo dell’importazioni dalla Russia, c’è un calo della capacità produttiva dell’eolico che è stato meno performante, c’è meno importazione del gas liquefatto, quindi ci sono delle cause macro strutturali che sono globali. Poi quello che io contesto è il ruolo non di secondo piano ricoperto dal piano sul clima europeo, che una responsabilità ce l’ha nell’aver aumentato i costi della CO2, perché lo dicono loro fondamentalmente. Perché se si va a leggere il piano sul clima europeo si leggerà che tutto il piano ruota attorno alla riforma del pricing della Co2 il cui valore deve salire per rendere vantaggiose le economie green quindi non vedo quale sia lo scandalo, il problema è che l’UE ha un timing sbagliatissimo, sbaglia di flessibilità nel capire quando implementare certi piani, lo stiamo vedendo anche sugli acciai, nel timing è totalmente sbagliata, quindi dovrebbe rivedere questi piani secondo me per frenare il mercato. Il rischio è che questo autunno si possano verificare una serie di black out energetici che possono essere un problema per le imprese manufatturiere quindi non escludo nelle prossime settimane già degli annunci da queste aziende impossibilitate nel mantenere la produzione su livelli standard, d’altronde anche sui semiconduttori stiamo vedendo le difficoltà delle auto. La soluzione potrebbe essere quello che sta facendo la Spagna, ovvero tagliare l’iva sulle bollette, il punto è che questo taglio di iva non deve poi rientrare dalle finestre nel senso che se tu riduci la pressione fiscale sulle persone e sulle imprese, ma poi aumenti la tassazione da un’altra parte allora questo è un gioco delle tre carte. Ma le potenzialità ci sono, se non sbaglio il tesoro italiano ha 300 miliardi di euro in liquidità quindi la disponibilità per arrivare ad un alleggerimento della bolletta c’è, bisogna vedere cosa dice l’Europa.

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