Le Fonti Contro Tutti #PPS​​ – Intervista a Paolo Mereghetti

Qual è la differenza tra commedia all’italiana e commedia italiana? Frasi simili, ma con declinazioni opposte nel mondo del cinema italiano. È questo uno degli argomenti affrontati questa mattina con Paolo Mereghetti su Le fonti contro Tutti #PPS, per un’appurata evoluzione del linguaggio cinematografico dagli anni 60/70, fino al giorno d’oggi.

Buongiorno, ben ritrovati su Le fonti dove anche oggi dovete venire ad abbeverarvi, non perché perderemo tempo a parlare del teatrino della politica, ma parleremo di cinema per fortuna e lo facciamo con un signore che ha mandato in libreria, l’edizione 2021/2021 del suo dizionario dei film, trattasi di tre volumi, una summa teologica con 33 mila schede di film, ovviamente i cinefili vanno in sollucchero, quindi saluto con simpatia Paolo Mereghetti.

Buongiorno a tutti, grazie.

La presentazione non poteva non partire dal mattone, in senso positivo, il famoso peso della cultura. Ma quest’ultima edizione in versione extra large, quanto tempo ti ha assorbito?

Guarda, praticamente non smetto mai di lavorare, ho già iniziato a lavorare alla prossima edizione, è il mio lavoro quotidiano guardare film e fare schede, verificare, correggere, aggiungere i premi, in nuovi attori che prima erano sconosciuti che iniziano a farsi una carriera, magari cambiare i giudizi, vedere se i film invecchiano bene o male, non smetto mai ecco. Gli ultimi 6 mesi prima dell’uscita, sono tranquillo perché il libro è in tipografia, ma i 6 mesi che precedono sono stressanti e pesanti.

Tra l’altro lo dico per gli interessati, sono citato anche io, per una partecipazione ad un film indimenticabile, per me ma non tanto per Mereghetti, sto parlando di una pellicola firmata da Pungitore che si chiamava “Gole ruggenti”, ambientato nello scandalo del festival di Sanremo e io ero un giornalista d’assalto che scopriva le magagne dietro il festival, peraltro nota vera, perché mi sono occupato dei festival veri dell’epoca e devo dire che in sostanza Mereghetti lo ha stroncato e ha stroncato pure me, ma devo dire che la pellicola, giusto per gli amanti, ancora circola di notte. Ma partiamo dalla cronaca, io ho letto un tuo commento agli ultimi David di Donatello, ci puoi raccontare dal tuo punto di vista che edizione è stata e cosa è successo, tenendo conto del Covid?

Ma devo dire che è stata un’edizione dove il cinema ha dimostrato di avere voglia di rincominciare e in effetti la ripartenza c’è stata, non c’erano molti film da premiare, però i premi sono stati molto condivisibili, peraltro anche io avevo votato come miglior film “volevo nascondermi”, che mi sembra un film straordinario perché non è la solita biografia artistica, ma è qualcosa di più, è una riflessione sulla fatica che si fa nell’inseguire i propri sogni, quindi da questo punto di vista mi è sembrato un film importante. Certo, quando c’è un vincitore, c’è anche uno sconfitto, in questo caso sono stati i fratelli Damiano, perché anche il loro film era estremamente interessante. Forse i votanti avrebbero dovuto essere un po’ più diplomatici, votare magari uno il miglior film e l’altro la miglior sceneggiatura, ma alla fine queste cose non succedono perché i voti sono anche di scuderia per cui uno difende il proprio film, o dei propri amici o delle proprie case cinematografiche. Oltre ai fratelli Damiano, mi è spiaciuto che Susanna Nicchiarelli non abbia avuto due premi, quello per il miglior costume e miglior sceneggiatura, non vorrei sbagliare, comunque anche lei è stata una delle belle presenze di questo cinema. Poi c’è stato il premio a Sofia Loren, che forse non è stata la sua migliore interpretazione, però era assolutamente sacrosanto premiarla, partecipando ha saputo trasmettere ancora la voglia di fare cinema, il messaggio che questa edizione del David voleva dare, quindi quel messaggio è arrivato al di la che uno potesse essere o meno d’accordo con i premi.

Intanto ti chiedo, grande biografia di Ligabue, precisiamo, il pittore, con attore Elio Germano, per cui ho un debole, ti chiedo se tu ricordi anche la versione sceneggiata, il Ligabue di Bucci?

Certo, assolutamente, è stata una grande operazione tra l’altro non dimentichiamo quando la Rai faceva anche queste cose, che erano spettacolo ma anche tentativo di cultura, con un Bucci assolutamente straordinario. Prima ho cercato di dirlo, era un approccio di dirlo, quella era una biografia tradizionale, questo è un’altra cosa, se l’è meritato assolutamente.

Ultima domanda e poi chiudiamo su questo argomento, è stato dato, come tu hai ricordato, un premio a Sofia Loren, ma anche a Sandra Milo, la quale è nota al grande pubblico per essere adesso una rivista di gossip, ma ha alle spalle una solida parte nel mondo del cinema, oppure hai pensato che il premio non fosse necessario?

No assolutamente, la Milo ha alle spalle una parte di grande cinema, Pietrangelo, Fellini, per Pietrangeli ha fatto delle cose straordinarie, “la provinciale” era un grande film, ma anche per esempio per Rossellini, lei ha fatto Vanina Vanini che allora le costò un feroce appellativo da parte di quell’infido agente pubblicitario, che la soprannominò subito Canina Canini, ma a rivedere il film lei era tutt’altro che male in quel film, quindi mi sembra un premio molto meritato. Il problema è che al giorno d’oggi si ricorda magari le sue storie con i produttori, poi magari la famosa scena quando le dissero che il figlio stava male, poi Fellini e tutte le altre cose, ma è stata una grande attrice e quindi era giusto, spesso questi premi cercano di coprire delle dimenticanze del passato, perché mica i premi premiano solo i migliori, ogni tanto li dimenticano i migliori e quindi mi è sembrato molto giusto.

Tu mi hai raccontato che la prima edizione del Mereghetti ti era venuta con l’esplosione delle tv private e quindi con l’etere inondato di film, spesso vecchi e brutti che venivano ripescati dai magazzini, tu hai pensato di fare un’agile guida e che avevi preparato alcune schede, come l’amacord di Fellini, Apocalypse now.

L’idea non era quella di fare dizionari di capolavori, perché esistevano già, l’idea del dizionario era quella di aiutare chi si vedeva sommerso da tanti titoli e muoversi all’interno di quei titoli, però c’erano anche le insegnati, i Garcia e i film che allora riempivano i palinsesti, come le scene di Fantozzi e quel film dell’Ubalda è uno dei titoli né particolarmente scollacciato, né particolarmente erotico, ma il titolo era assolutamente geniale, quindi ho deciso di inserirlo nelle schede dei film.

Cinema italiano, io sento ripetere che il cinema italiano è sempre in crisi, o perché non ci sono le idee, o perché non ci sono gli attori, o le parti per le donne, che non ci sono soldi o non ci sono registi e produttori, per fortuna c’è Checco Zalone che poi fa il botto e fa rinascere tutta la filiera. È una considerazione sconsiderata? O c’è della verità?

Indubbiamente una parte di verità c’è, il cinema italiano adesso, non è il cinema italiano degli anni 60/70 quando era quantitativamente e qualitativamente un grandissimo cinema, però questi discorsi sono sempre un po’ complicati e sfumati, se uno va all’estero si accorge che alcuni registi italiani, sono molto apprezzati, mentre Checco Zalone al di là del confine italiano è praticamente sconosciuto. Qual è il problema? Il problema è che probabilmente il cinema italiano avrebbe bisogno oltre alla legge che ha favorito il ritorno di una produzione in grande quantità, avrebbe bisogno anche di qualche incentivo per far si che aumenti il pubblico che va nei cinema, è l’unico modo secondo me per far tornare il cinema italiano ad alti livelli. Abbiamo delle attrici, abbiamo gli attori, prima tu citavi Germano, pensa a Favino, per fare solo dei nomi conosciuti all’estero. È vero che forse ci manca uno star system, ovvero la capacità di risaltare gli attori e le attrici e non soltanto ricadere nei gossip, avremmo bisogno un modo per esaltare i nostri attori. Il problema è quello di coordinare queste cose e bisognerebbe ripartire della sale, aumentando il loro pubblico attraverso un modo per favorire l’aumento dei biglietti.

Ho lettomi pare ieri, che Medusa ha abbandonato un numero di sale che gestiva ancora direttamente, è possibile? O ho capito male?

È possibile, quando Berlusconi comprò Medusa prese anche una serie di sale, sono modi di organizzarsi industrialmente che per esempio all’estero sono stati in grado di fare, ci sono dei circuiti più grandi con regole più solide però, i multiplex non possono trasmettere in più di due sale lo stesso film e quindi sono costretti ad allargare l’offerta cinematografica, da noi quando un film funziona lo mettono in 27 sale su 28. Adesso sembra che l’unica vera fonte di vantaggio siano le serie o le mini serie, quasi tutti fanno così, le serie sono un grande cespite di attenzioni e di incassi, però bisognerebbe che il cinema si sforzasse di fare delle cose positive. Guardiamo la ripartenza di adesso, i film importanti sono stati tutti rinviati a settembre-ottobre perché i distributori pensano alle restrizioni, certo ci sono, ma senza i titoli il pubblico non c’è e senza il pubblico non incassano, è una specie di gatto che si morde la coda.

Lo stesso film di Verdone, che doveva uscire quando è scoppiato il Covid, è stato tenuto a bagnomaria, adesso è su una piattaforma con una furbata che ha fatto De Laurentis, facendo uscire il film tre giorni solo nelle sue tre sale di Roma, senza pubblicità per poter prendere lo stesso i ristori della legge. Ci sono una serie di inghippi e vorrei che il ministro Franceschini intervenisse a gamba tesa su certe cosa. È vero che un produttore pensa che la piattaforma fornisce tanti soldi, il cinema non li prende e quindi faccio così. Ma se vogliamo che il cinema continui, perché il cinema fa parte del nostro panorama culturale e contribuisce a creare una identità culturale italiana, cosa che succede in tutti i paesi, allora bisognerebbe favorire la produzione, non con i ristori, ma facendo si che i film arrivino al pubblico.

Ultima domanda, il cinema italiano, è stato anche famoso per la commedia all’italiana che però tu fai finire con due film, uno dove si ride amaramente che è amici miei, l’altro più plumbeo e funereo che è un borghese piccolo piccolo, con uno strepitoso Alberto Sordi, perché la commedia all’italiana è una cosa, la commedia italiana è un’altra cosa, corretto?

Correttissimo, nel senso che quel tipo di commedia era una commedia che sapeva addentare la realtà, facendolo con una durezza autocritica molto forte. Pensiamo al sorpasso, tutti ridiamo per Gassman, ma finiva con un morto, pensiamo alla grande guerra, anche li alla fine due morti, persino nei soliti ignoti c’era un morto e questo non per dire che nella commedia ci deve sempre essere un morto, ma dire che la commedia usava l’ironia, ma era capace di raccontare un mondo in una maniera reale e concreta, senza le battutine che funzionano in televisione. Io penso che il successo di Zalone derivi anche da questo, che si sia staccato da quel tran tran di commedie facili e semplici, che non hanno la capacità di graffiare la realtà. La commedia all’italiana sapeva farlo, non era consolatoria nel modo più assoluto, anzi uscivi dal film e ti portavi dentro la voglia di pensare e la malinconia per quello che si è visto. Abbiamo dimenticato come si fa quella commedia, per tutto il rispetto che ho per i Vanzina, non sempre sono stati capaci, si sono lasciati ad andare ad una semplicità semplice e corriva e parlo dei Vanzini che erano la punta di diamante di un certo tipo di comicità. Penso ci debbano essere dei modi diversi di far ridere, imparando dagli sceneggiatori che raccontavano la vita vera, ogni tanto prendendoci in giro, ogni tanto ricordandocela.

Ultimo flash, tutti noi ci ricordiamo spesso i film per alcune frasi che vengono citate, tu ne hai una in particolare a cui sei affezionato? Una frase che ti è capitato di citare più volte? Poi ti dico la mia.

“che fa Marchese, spinge?” finale del Vedovo, uno dei film che mi ha riempito di più di battute.

Se avete tempo e voglia portatevi in vacanza i 4 kili e mezzo del Mereghetti, sotto l’ombrellone non usate il tablet, sfogliate i libri che male non vi fa, tra l’altro è così pieno di aneddoti che se siete appassionati di storia del cinema non vi può che fare soltanto che bene.

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