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Biden ipocrita quando chiede all’OPEC più petrolio

“Gli Stati Uniti fanno si fanno belli con la CO2 altrui”. È questo una delle chiavi di lettera emerse dall’approfondimento su petrolio e metano realizzato insieme a Domenico De Giorgio, professore dell’Università Cattolica. Insieme a lui focus anche sui dati macroeconomici, nell’attesa del nuovo report sull’occupazione USA.

Eccoci tornati qui in diretta, partiamo proprio da un collegamento necessario per capire gli altri argomenti della diretta, oggi è una giornata dedicata ai dati macroeconomici, come lo sono state praticamente tutte quelle di questa settimana, ma diciamo che alla fine di questa giornata ci sarà la pubblicazione del report sui dati del lavoro americano e probabilmente ci darà un’immagine più precisa di quella che sarà l’economia dell’immediato futuro. Però, cosa sta succedendo, anche alla luce dei PMI che abbiamo illustrato poco fa? Il settore dei servizi è ancora penalizzato, proprio a causa delle incertezze legate alla variante Delta, in alcuni casi, la situazione ci ha riportato con la mente ad aprile/maggio dell’anno scorso, quando la prima ondata di Covid ci aveva portato a restrizioni totali e quindi alle chiusure totali. Questa permessa mi permette di aprire sull’argomento che andremo a trattare, che è il petrolio, per due aspetti: vorrei commentare ciò che è emerso dalla riunione dell’Opec+, una riunione molto veloce dove è stata confermata la produzione di altri 400.000 barili al giorno e poi perché il petrolio è stato il primo osservato speciale, quando il Covid ha iniziato ad essere protagonista assoluto delle giornate e allora le decisioni che vengono prese da chi di potere, influenzeranno enormemente la situazione di mercato. E allora chiamerei Domenico De Giorgio, che dovrà spiegarci un po’ di cose. E’ un piacere ritrovarti qui su Le Fonti tv.

Buongiorno a tutti, anche per me ovviamente è un piacere.

Ecco io ho fatto questa lunga premessa, per capire e chiedere anche a te cosa ne pensi di ciò che sta accadendo sui mercati, alla luce dei dati macroeconomici, la parola servizi è una parola chiave e poi andiamo sulle incertezze del petrolio. In generale, che agosto è stato e come ti aspetti da questa partenza autunnale?

Io guardo sempre con attenzione le dinamiche dei tassi di interesse, dai quali si comprende che tipo di futuro aspettarsi, quello che è stato importante nel mese di agosto è stato il punto di minimo sul decennale statunitense, che ha battezzato quel 1,20 di rendimento nominale lordo, che ci ha dato il punto di massima estensione di quanto siano potenti gli interventi delle banche centrali e di quanto urgente sia il fatto che questi interventi vengano ridimensionati, perché dei tassi di interesse così bassi non segnalano in verità un’economia zoppicante, ma un’esorbitante ingerenza di soggetti, i quali agiscono con delle logiche non di mercato, ma perseguono degli obiettivi di tipo macroeconomico, influenzando delle variabili finanziarie, che sono i tassi di interesse. Ora, un’economia come quella statunitense, ma anche quella europea, che galoppa assumendo diverse centinaia di migliaia di nuovi occupati al mese proprio nei settori che sono stati colpiti di più dalla crisi pandemica, non è un’economia che sta male e questo non stare male viene ulteriormente spinto in una traiettoria deviante, dall’intervento delle banche centrali, che annichiliscono le grandezze che dovrebbero segnalarci la reale ripresa dell’economia, cioè i tassi di interesse. Tassi di interesse all’1%, nell’immaginario collettivo, sono indicatori di un’economia che non sta bene, invece qui è tutto il contrario, sono deformati al ribasso da un’esorbitante presenza di questi giganti sul mercato, il che rende l’ecosistema artificialmente euforico per alcune grandezze, come le azioni, alcune materie prime, le cripto, verso cui trovano spazio i capitali che vengono spinti in maniera irrazionale dall’interventismo delle banche centrali.

Mi sembra di capire che tu ci stia dicendo, cosa che peraltro non dici solo tu, che questo cambio avrebbe già dovuto avvenire, proprio perché le previsioni economiche ci stanno dando dei segnali positivi, quindi è stato “sbagliato” continuare con questo accanimento, in senso positivo? Pensi che questo proseguire, sia stato “negativo” a lungo andare e potremmo accorgercene tra un po’?

Secondo me dovremmo accorgercene adesso più che in futuro, perché quello che è sproporzionato in questo momento non è la natura e la direzione dell’intervento, perché le banche centrali quando intervengono lo fanno per rendere più agevole l’accesso al credito da parte delle realtà dell’economia reale, le quali trovando credito a condizioni più vantaggiose, possono generare business, assumere più gente, che prevede un salario, che viene speso nell’economia e l’inflazione aumenta, è questo il grande schema. Il problema è la dimensione relativa degli interventi rispetto al sistema finanziario, se tu pensi questo ed è un discorso molto semplice, l’amministrazione Biden sta spendendo l’impossibile, facendo emettere al nostro omologo ministero delle finanze dei titoli di debito degli Stati Uniti, vendendo i quali gli statunitensi incassano denaro dagli investitori e possono dare spazio ai loro progetti. Ora devi immaginare, in questo momento storico, che gli acquisti di titoli della FED, cioè l’operazione di acquisto di titoli di debito da parte della FED sono più grandi delle quantità di debito emesse dagli Stati Uniti per finanziarsi. Il paradosso è questo, per questo i tassi sono così bassi, non che in assoluto l’intervento della FED sia sbagliato, ma in questa fase storica, dopo l’uscita dalla pandemia, è chiaramente sovradimensionata e questo spinge in territori incogniti alcune variabili finanziarie chiave, che sono i tassi di interesse, in ragione dei quali, poi, tutte la grande finanziare assumono forma. Questo è il tema del discorso.

Quindi bisogna agire in fretta?

Bisogna cambiare le aspettative, far si che le aspettative degli operatori vengano riportate su un sentiero sul quale la banca centrale non interviene per sempre.

Certo, lo abbiamo visto. Nel momento in cui la banca centrale, in particolare quella americana, comincia ad ipotizzare degli interventi, che magari non sono immediati, ma sono in un periodo più lungo, gli investitori subito fremono e di conseguenza i mercati, è perché ormai siamo entrati in quell’ottica. Sarà la cosa più complicata ora mettere in atto questo meccanismo mentale, per quello tu dici che avremmo già dovuto cominciare?

Si, è come essere in autostrada a 300 km/h, se hai portato l’autovettura a quella velocità, effettuare una piccola curva, comporta il rischio di far capottare la vettura, viceversa, se non fosse mai arrivata a 300 km/h ma stesse viaggiando a 200, la stessa curva comporta meno rischi per il guidatore. Il problema adesso è che le banche centrali hanno portato a velocità molto estreme tutto il sistema finanziario e quindi per effettuare la stessa curvatura con un rischio medio, ora è molto più amplificato, in maniera esponenziale e non lineare.

Certo, permettimi questo collegamento. Parliamo di petrolio, la premessa è questa: l’Opec+ ha deciso di mettere a disposizione altri 400.000 barili di petrolio al giorno, questo per ottobre, sostanzialmente replicando quello che era stato deciso per il mese settembre, la prossima riunione sarà il 4 ottobre e vedremo se la decisione sarà diversa. Peraltro questa volta è stata accettata immediatamente questa decisione, la volta prima ci avevano fatto penare. Questo perché l’Opec+ si è mostrato positivo rispetto al futuro nonostante le incognite legate alla diffusione della variante, ma ci dice che i fondamentali del mercato si sono rafforzati quindi c’è tutta la previsione ottimistica rispetto ad un rafforzamento dell’economia nel futuro. Troppo ottimismo o ti allinei a questa view che arriva dall’Opec e che ha portato a questa decisione?

Io sono d’accordo con loro, sono dello stesso avviso. Non vedo delle crisi o dei rischi seri all’economia globale in questo momento, le varianti ci sono ma stanno avvenendo in un contesto in cui i PMI, questi indici di acquisto sono in territorio ampiamente espansivo. Vedere 60 è un numero elevatissimo, anziché vedere 60.5, vedere 60, vuol dire che gli operatori si aspettano espansione, forse ad una velocità un filo inferiore, ma sempre di espansione stiamo parlando. Un conto è vederli a 30 come un anno fa, ma ora si parla di espansione, un po’ meno esuberante per le varianti, ma comunque espansione. L’Opec in questo caso, ha tagliato la testa al toro, non è andata per il sottile e ha messo sul mercato altri 400.000 barili al giorno, ricordando che il petrolio è un mercato semi-monopolistico o comunque oligo-polistico, rispetto al quale, in questo frangente si sta contingentando l’offerta proprio per evitare che essa superi di tanto l’offerta, che recupera, ma più lentamente di non quanto farebbe la domanda. È un esperimento controllato in laboratorio quello del petrolio e l’oscillazione dei prezzi lo testimonia, i cargo non hanno mai raggiunto la quotazione che invece è stata battezzata dai futures, quindi c’è una dicotomia molo forte tra quello scambia oggi e quello che viene quotato sui mercati finanziari.

Peraltro, stanno arrivando pressioni dalla Casabianca affinché aumenti la disponibilità di barili sul mercato, diciamo che gli Stati Uniti vogliono andare più cauti per evitare che a causa delle incognite ci possa essere uno scivolone, diciamo che Biden vuole evitare un picco di aumento dei prezzi del gregge e della benzina, lui guarda di più alle tasche degli americani.

Diciamo che Biden in questo momento, lo già detto tante volte, insieme all’amministrazione americana si sta rivelando ipocrita perché gli Stati Uniti sicuramente non hanno bisogno di petrolio, ma hanno bisogno eventualmente di carburante, quindi se Biden volesse fare qualcosa di utile, dovrebbe dire di vendergli più benzina, che è quella che serve davvero. In secondo luogo, gli Stati Uniti si fan belli, con la Co2 degli altri, perché negli Stati Uniti in questo momento si porta avanti la campagna verde, ma quando si impedisce ai produttori locali di produrre petrolio e tu ne sei il più grande consumatore e importatore al mondo, non puoi chiedere a qualcun altro di inquinare al posto tuo perché tu vuoi farti bello, è un discorso un po’ complicatuccio questo, che riguarda più l’economia interna che non il petrolio.

Sisi assolutamente, è una visione più politica, sono d’accordissimo, ma visto che di petrolio ne parliamo anche noi. Ma siccome noi non siamo tutti, permettimi questa battuta, dobbiamo mettere in primo piano un’altra cosa con te, qualcosa che può portare davvero dei rischi, che è il gas naturale, il metano, che cosa sta succedendo in questo mercato?

Già dall’inverno del 2020/2021 a causa di un forte freddo che colpì l’isola del Giappone, assistemmo a delle traiettorie davvero paraboliche dei prezzi del metano, che aumentarono di 100 volte in quel bacino. Tutto questo passò sostanzialmente sotto silenzio in Europa, ma quest’estate le cose sono diverse perché le cose sono a casa nostra. L’Europa da alcuni anni si è dovuta accodare alle belligeranti posizioni statunitensi di natura diplomatica nei confronti della Russia, e questo c’entra perché l’Europa non ha metano proprio, ma brucia combustibili che non produce, ma che deve importare e uno dei più grandi combustibili che noi utilizziamo per la produzione di energia elettrica è guarda caso, il metano, che noi importiamo dal Nord-Africa, ma soprattutto dalla Russia. Il metano è stato proprio oggetto, qui, delle vessazioni che la Russia ha fatto nei confronti dell’Ucraina e viceversa, ovvero i furti di gas naturale. Per ovviare a questo problema, si era deciso di procedere alla costruzione della conduttura Nord Stream 2, cioè una Gazprom russa avrebbe dovuto far arrivare in Europa direttamente attraverso il Mar Baltico, in Germania questo gas. Il problema è che a causa di tensioni diplomatiche tra Russia e Stati Uniti, questa conduttura non è mai stata completata, dovrebbe esserlo per questo autunno per poi consentire nuovi afflussi di metano dalla Russia, all’Europa. Tutto questo per dire cosa? Nel frattempo gli Stati Uniti si sono attrezzati per esportare il loro metano e farlo arrivare, guarda caso, in Europa e da qui il rallentamento sul Nord stream 2, quindi tutto questo ha fatto si che in Europa ci sia effettivamente una sottodimensione delle scorte di gas naturale per effetto di un’estate e di un basso afflusso di gas dalla Russia, che ovviamente ancora attraversa l’Ucraina per arrivare in Europa, in secondo luogo, a loro volta, dal momento che esportano il 12% della loro produzione giornaliera, sono rimasti senza metano, perché ne esportano troppo e quello che rimane nel loro territorio è molto poco. Vuoi per un motivo o per l’altro, i prezzi del metano nel Regno Unito e in Olanda, che è il punto di riferimento per l’arrivo in Europa, stanno decollando a livelli senza precedenti e siamo in estate, le scorte immagazzinate sono molto basse. Delle bollette che pagherete questo inverno ne sentiremo sicuramente parlato, perché la crisi del metano in Europa è un dato certo se ci sarà un freddo un po’ superiore alla norma. Sarebbe il caso che chi di dovere mettesse la testa su questo problema per rivedere gli approvvigionamenti o quanto meno per accelerare l’arrivo del gas russo, che ci serve come non mai.

Grazie di aver parlato di questo fatto, perché se ne sarebbe parlato magari poi con il freddo, per ora non ci pensiamo, ma come al solito le cose bisogna prevenirle e non curarle. Grazie per la collaborazione e per aver approfondito un tema così importante come quello del metano.

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